Nel 2003 con A new day Céline Dion ci portò dal mondo della musica nel mondo delle fiabe. Con lo show di Las Vegas che da lei prende il nome oggi l’usignolo del Québec ci porta dal mondo delle fiabe al mondo della Musica con la M maiuscola, attraversando i percorsi  del jazz e quelli della chanson française, le colonne sonore dei film di James Bond  e il rock anni ’70 di River deep mountain high, passando per una toccante ninna nanna di Billy Joel e gli acuti spettacolari delle sue migliori ballate romantiche.  Il tutto con arrangiamenti completamente rinnovati, che possono contare su un’orchestra di ben 31 elementi:  violini, viole, violoncelli, trombe, trombone, sassofoni, basso, chitarra elettrica, chitarra acustica, tastiere, batteria, timpani, percussioni, coristi. Il concerto sur les plaines ha fatto scuola.

Ci rendiamo conto che per i fan italiani non sia semplice affrontare un viaggio di 11.000 chilometri per (ri)vedere Céline Dion in concerto, ma ci auguriamo che questa recensione, insieme a quella di Shirin, possa infondere in voi il desiderio di partire per questo viaggio e la determinazione necessaria a compierlo.

A new day fu uno show caleidoscopico, con decine di ballerini, oggetti volanti, fiamme ardenti e paesaggi incantati; ha segnato la storia mondiale dello spettacolo, e di questo gli saremo sempre grati, perché una voce fantastica, circondata da una cornice onirica, riesce ancora più gradita. Una voce fantastica, però, in fin dei conti non ha bisogno d’altro, ed è questo il grande messaggio di Celine, l’ultimo ingaggio da 70 serate l’anno per tre anni della diva canadese. Lo spettacolo non è certo scarno (vi attendono lame laser, un duetto di Céline con se stessa e un ologramma di Stevie Wonder), ma stavolta tutto mira a valorizzare la Musica, nessun orpello è concesso alla coreografia fine a se stessa.

Rispetto alla opening night di A new day, Céline il 15 marzo 2011 era molto più serena, anzi si è proprio divertita da matti. Sentiva di essere molto amata, ed era entusiasta di essere al centro di una scena così importante, al punto che ha continuato a suonare idealmente il violino col microfono e l’asta anche dopo essere scappata dalla scena per l’ennesimo cambio d’abito (e bisogna dire che in questo spettacolo d’altri tempi l’eleganza la fa veramente da padrona).  Aveva una voglia di cantare ed esibirsi per il suo pubblico come non mai: dopo 717 edizioni di A new day e 131 tappe del Taking Chances World Tour la pausa di due anni che si è presa le ha fatto benissimo.

Ha fatto benissimo soprattutto alla sua voce. Tra fiori sospesi che si aprono in petali luminosi e sezioni di orchestra che vagano noncuranti per il palco, questa è stata la sorpresa più bella. Francamente dopo il dvd di A new day e il cd+dvd del Taking Chances World Tour, credevamo che il suo timbro di voce fosse leggermente ma definitivamente cambiato. Chi conosce i dischi appena menzionati sa a cosa ci riferiamo. E invece dopo due anni di riposo la voce di Céline, che nonostante i 29 di carriera ha solo 42 anni, è tornata ricca, energica, potente, sferzante, extraterrestre come era negli anni ’90, ai tempi di The power of love o The reason (le sentirete entrambe dal vivo, se andrete a vederla, e vi sembrerà di avere davanti la Céline del Falling Into You Tour). Una voce che per sfumature timbriche, intensità sonora, maestria interpretativa ha superato ogni aspettativa, anche la più esigente, sapientemente valorizzata dall’acustica del Colosseum: la particolare disposizione dei diffusori sul tetto del teatro consente di annullare ogni riverbero e di far arrivare a ogni singolo spettatore la miglior qualità sonora possibile. Di gran lunga migliore di quella del 3 luglio 2008 al DatchForum di Milano, per fare un esempio, ma anche di molti teatri famosi. Tutto è semplicemente perfetto, curato in ogni dettaglio.

Non ci dilungheremo sulla versatilità di Céline Dion come interprete, perché è una dote che le appartiene da molti anni. Ci preme però, a conclusione di questa recensione, informarvi che Céline Dion ha raggiunto, nel corso di questi due anni di pausa, una nuova e più profonda maturità artistica, che è emersa pienamente in You’ll have to swing it (Mr. Paganini) di Ella Fitzgerald e in Ne me quitte pas di Jacques Brel. Il primo è un bel brano jazz pieno di improvvisazioni scat che la diva ha sfoggiato come se niente fosse, e che le sono valse scrosci di applausi (dovete necessariamente ascoltarle per capire di cosa sto parlando). Ne me quitte pas non ha bisogno di presentazioni: Céline lo ha eseguito spezzando la voce alla fine di ogni verso, lungi dal suo stile abituale, cosa che non aveva mai fatto in nessuna canzone prima d’ora, riuscendo così a non trasformare in melodico un brano inesorabilmente tragico.  Non è facile cantare in francese per tre minuti e mezzo davanti a un pubblico che capisce solo l’inglese una canzone dall’inciso monotono, con l’occhio di bue puntato addosso e buio tutto intorno, ma alla fine del brano, non chiedeteci perché, tutti avevano i brividi, e molti gli occhi lucidi. É stato come se Edith Piaf avesse appena finito di cantare il suo Hymne à l’amour davanti a noi.

Questo, e molto altro che non vogliamo anticiparvi (!), è Celine. Niente era difficile come essere il successore di A new day, ma questo show, secondo noi, ha stravinto la sua sfida.

3 pensiero su “Celine: uno show minimalista?”
  1. […] Goodnight, my angel.  E’ una canzone di Billy Joel, che Céline ha introdotto nel suo nuovissimo show di Las Vegas. Al momento non è disponibile nella sua discografia, ma Céline l’ha presentata da Oprah […]

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