24 novembre 2012. 1 dicembre 2012. E’ trascorsa una settimana da Céline Dion – Le Grand Show. Oggi vi raccontiamo l’altra metà dello spettacolo, quella che non avete potuto vedere dal piccolo schermo.
Noi di CelineDionItalia abbiamo infatti partecipato come pubblico allo special televisivo più importante della programmazione annuale di France 2. Vedere Céline per i fan è sempre un’emozione meravigliosa, ma il mondo della televisione ha le sue dure leggi, quindi sappiate che è stata una giornata molto stancante.
L’invito prevedeva due convocazioni: una a mezzogiorno per registrare i contributi di Johnny Hallyday, Vincent Niclo, M.Pokora, Tal e il cast di Robin des Bois, l’altra alle 18.30 per una fantastica diretta in prime time di sabato sera. Naturalmente l’invito parlava di un dress code elegantissimo – tenue très classe exigée.
E così sveglia prima dell’alba: colazione, doccia, sartoria, trucco, parrucco… e una corsa mattutina al treno RER che ci avrebbe portato a Châtelet Les Halles, cuore pulsante del metrò parigino. Lì altri amici ci hanno raggiunto, e finalmente tutti insieme siamo partiti alla volta degli studi televisivi di Aubervilliers (periferia nord-est della ville lumière).
Appena usciti dalla stazione La Plaine – Stade de France, la mente è tornata al live Au coeur du stade. Ma oggi non siamo né allo Stade de France né sur les plaines, semmai siamo sur La Plaine 😀
Non siamo i soli a voler arrivare in anticipo al gran ritorno in Europa della diva canadese: uno sguardo, qualche parola, e ci riconosciamo a vicenda, compagni di avventura, con altri fan venuti dal Belgio. Fin qui tutto come nelle favole: cravatte, lustrini, foto di Céline, macchine coi vetri oscurati… A questo punto è cominciata la gara di resistenza al freddo, alla stanchezza ed, ebbene sì, alla fame. Prima di entrare in studio, infatti, abbiamo dovuto aspettare un paio d’ore in coda, in piedi, dolcemente accarezzati dal vento gelido della capitale francese. L’attesa peraltro non è stata così odiosa, perché abbiamo socializzato con altri fan di varie nazionalità (fan, non adepti), e abbiamo piacevolmente scoperto che CelineDionItalia è letto anche dall’estero, da chi non conosce bene la nostra lingua. Al di là delle transenne due giornalisti de Le petit journal hanno intervistato molti di noi, chiedendoci di leggere il testo di Le Miracle e di spiegare come è nata la nostra passione per Céline.
Finalmente a mezzogiorno ci hanno fatto entrare. Timbro sulla mano ben in vista (proprio come a Gardaland!) e poi dritti al guardaroba. Qui un esercito di guardarobiere ci ha urlato di lasciare tutto (giacche, telefoni, fotocamere, e finanche penne e matite, vi rendete conto?) perché era vietato portare qualunque cosa in studio. Per assicurarsi che non avessimo voluto ridurre il carico di lavoro delle guardarobiere, due agenti di sicurezza ci hanno perquisito comunque, palpeggiamenti del caso e metal detector alla mano. Perquisizione finita e…
finalmente ci siamo!!! Aperte le loro pesanti porte, i grigi capannoni anonimi di Aubervilliers rivelano al loro interno la scenografia di questo special. Intravediamo da lontano una scritta a grandi lettere “CÉLINE DION”, la luce cangiante di una miriade di fari rotanti, una scala illuminata di fucsia e l’albero disegnato sul retro della confezione di Sans Attendre. Ci fanno accomodare in una gradinata (che non abbiamo mai smesso di rimpiangere la sera, durante la diretta, quando siamo stati tutto il tempo in piedi), e subito l’assistente di studio ha cominciato a spiegare cosa sarebbe successo.
Alcuni di noi non sono mai stati in TV prima d’ora, altri non hanno ancora mai visto Céline, cominciamo a eccitarci sul serio. Elegante e pacato, arriva in studio il presentatore Michel Drucker, accompagnato dall’instancabile e onnipresente Veronic DiCaire. Parlano un po’ con noi, poi ci preannunciano che Céline canterà My heart will go on (chi l’avrebbe mai detto…)
Per primi sono stati registrati i contributi di Vincent Niclo accompagnato dal coro dell’Armata Rossa e di Matt Pokora. Vincent ed M.Pokora hanno fatto girare la testa a non poche ragazze. Chi vi scrive ricorda molto bene l’espressione di una fan che guardava immobile il display di una videocamera fissa sul primo piano di Vincent. Matt Pokora poi ha provocato un vero e proprio versamento di ormoni!
I giovani hanno fatto le loro prove, hanno registrato due o tre volte le loro canzoni, ci hanno ringraziato, sono andati via. Qualcuno approfitta per andare velocemente in bagno, e si ritrova a dover essere riperquisito per aver tanto osato. Poi l’assistente di studio ci scalda per accogliere come si deve il “monumento” della musica francese (così lo ha definito Céline): Johnny Hallyday.
Hallyday si presenta sul palco silenzioso; è magro, alto, i capelli fissati con molta lacca. Quando ha visto la “tifoseria” di Céline, si è lasciato scappare una risata, un ammiccamento, come a dire “lo so, siete qui per lei, ma magari non vi dispiacerà sentire anche me”. Quindi ha registrato il suo brano. Buona la prima. E adesso ci siamo, dovrà entrare Céline.
Dopo averci fatto urlare, applaudire, scalpitare fino a sfinirci, l’assistente di studio finalmente la fa entrare dalla scalinata luminosa. Le luci rotanti si avvolgono in turbinii evanescenti. Le mie vicine di posto vedono così, per la prima volta nella loro vita, il loro idolo in musica, la donna che ha venduto 250 milioni di dischi, che ha ottenuto più di mille premi musicali, proprio lei e nessun’altra: Céline Dion. La donna che nel 2005, con quello stesso presentatore, in quella stessa città, ha presentato il suo best of On ne change pas e cantato I believe in you con Il Divo, è davanti a noi. Sorride con gentilezza, ci ringrazia per il supporto che le diamo, e ci dice “adesso registreremo L’amour peut prendre froid con Johnny. Se proprio dovesse venire male, la registreremo di nuovo, che ne dite? Possiamo?” e noi ovviamente urliamo “sìììììììììììììììì” e speriamo che venga malissimo. Ovviamente pure questa buona la prima. Che disdetta! Di fronte a un mare di applausi incessanti, Céline, da clown d’eccezione quale è, ci dice “conservate un po’ di energie per stasera, la diretta sarà lunga, altrimenti arriverete così” e mima uno svenimento, le gambe tremanti, gli occhi storti. E’ proprio come sempre una donna di enorme ironia. Che piacere rivederla ancora una volta!
Alla canzone fa seguito una breve intervista e poi via, la nostra amata torna dietro le quinte, e l’assistente di studio ci invita caldamente a uscire. Proviamo a chiedere se possiamo rimanere, dato che poi dovremo rientrare, ma la risposta è inequivocabile: fuori. Si ripresenta la bolgia infernale del guardaroba, ma stavolta al contrario. Quindi siamo di nuovo per strada. E di nuovo in piedi con scarpe scomode, le ragazze con tacchi vertiginosi. E di nuovo al freddo. Ma ora abbiamo anche fame. Tanta fame. Tutti quegli applausi, tutte quelle urla, tutti quei fremiti ci hanno sfinito.
Spaventati dalla coda già lunga per l’ingresso serale, rinunciamo a cercare un bistrot e ci rimettiamo subito in fila. Appena usciti, già lottiamo per rientrare. Il problema è che sono appena le quattro del pomeriggio, e prima delle sette non ci faranno entrare. Senza più interviste, senza la novità che ci aveva caricato la mattina, questa attesa si rivela decisamente più lunga, e molto più logorante. Ne approfittiamo per chiamare parenti e amici a cui raccontare la fantastica esperienza che abbiamo appena vissuto, ma alla fine la fame non ci fa ragionare. E al danno si aggiunge la beffa: in coda qualcuno si è fatto portare vettovagliamenti da amici volenterosi. Girano panini con la Nutella, bottiglie di succo di frutta da 5 litri, ma come scrisse una volta la poetessa Anna Akhmatova “Perché nulla per noi?” Alla fine il marito di una fan della nostra comitiva, mosso a commozione, si è fatto quattro chilometri di corsa fino al più vicino McDonalds e ci ha portato panini e bevande. Impossibile spiegarvi la gioia che ho provato quando ho dato il primo morso.
Nel frattempo si è fatto buio, e ancora non si muove niente. Poi vediamo che fanno entrare alcune persone, invitate da un’agenzia di spettacolo diversa dalla nostra. Entrano in tanti, capiamo subito che dovremo stare in piedi tutto il tempo, e certo non in prima fila attorno alla passerella.
Bisogna dire che l’organizzazione dell’evento serale, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti di sicurezza dei locali, lasciava un po’ a desiderare. Alcune persone si sono addirittura sentite male a causa della ressa e delle troppe ore in piedi (senza nemmeno pause pubblicitarie per rifocillarsi un po’). Non possiamo fare a meno di notare che è ridicolo distribuire accendini carichi di gas ai fan dopo aver sequestrato loro anche penne e matite in quanto possibili corpi contundenti. E che la legge non dev’essere proprio uguale per tutti se io ho dovuto lasciare il mio vecchio telefonino da 30 euro mentre qualcuno faceva foto e film col proprio iPhone.
Al di là di questi piccoli dispiaceri però Céline è sempre Céline. E’ impossibile riassumere cronologicamente la lunga serata. Accenneremo a qualche momento saliente.
Anche se intravista dal collo in sù e con le gambe doloranti, Céline è una donna elegante, estremamente comunicativa con i gesti e lo sguardo, umile nel rapporto con i colleghi. Questo show è servito alla diva per promuovere il suo album, ma ancora di più ai numerosi artisti, più o meno conosciuti, che hanno potuto cantare il loro singolo di fronte a un’audience di cinque milioni di persone che solo il nome Dion può assicurare.
Particolarmente emozionanti sono stati i brani “Qui a le droit”, in duetto con Patrick Bruel, la versione “alla Piaf” di S’il suffisait d’aimer interpretata da Veronic DiCaire, La mer et l’enfant riproposta con il video di Céline Eddy e Nelson in spiaggia, La maladie d’amour di Michel Sardou e la consegna dello storico cappello di Henri Salvador a Céline, sulle note del loro duetto virtuale Tant de temps.
Si potrebbe discutere a lungo se sia corretto definire Le grand show uno special dedicato a Céline o piuttosto una poderosa piattaforma promozionale per numerosi artisti tra i quali c’è anche Céline, ma noi preferiamo emozionarci ancora una volta con le note del Titanic, e poco importa se il playback scelto è quello dell’album Let’s talk about love, del 1997.
Poco prima di mezzanotte la festa ahimé è finita, e a noi, oltre ai crampi allo stomaco e ai polpacci, restano i ricordi di quanto appena vissuto e il tempo di rubare uno scatto a un ragazzo che aveva con sé la fotocamera. Poi di corsa alla RER, questa volta in direzione opposta, e infine con il notturno delle 1.30 torniamo a casa, con il cuore gonfio di belle emozioni. What’s next?