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Il Québec è una società dall’identità fragile, una minoranza in America del Nord, la cui storia è segnata da sconfitte e che rimane divisa sul suo avvenire. I quebecchesi non hanno lo spirito da conquistatori né da dominatori, anche se il loro comportamento agli occhi dei popoli autoctoni è lontano dall’essere impeccabile. Non hanno mai imposto la loro legge fuori dalle loro frontiere, mai esercitato un richiamo culturale sul resto del mondo e nessun artista, nessuno scrittore, nessun musicista quebecchese ha raggiunto la statura planetaria. Il Cirque du Soleil, creato dai quebecchesi visionari Guy Laliberté e Gilles Sainte-Croix, di cui possiamo affermare che ha trasformato la concezione stessa del genere, può rivendicare d’ora in poi un successo internazionale. Ma Céline Dion rimane la sola artista nella storia del Québec ad aver conquistato il pianeta intero personalmente, e questo dopo essersi imposta come cantante popolare numero uno negli Stati Uniti nel 1990. Per riuscire in questo exploit, ha dovuto cantare in inglese, ciò che non sorprende nessuno.
Questa sera del 15 agosto 2008 e tutte le altre sere in cui Céline si esibirà a Montréal, le acclamazioni frenetiche, la “magia” palpabile, l’emozione impetuosa esprimono la fierezza di un popolo. Come se la cantante, al di là della sua persona, fosse il sogno collettivo della riconoscenza mondiale. In tal senso, l’avvenimento acquista una dimensione politica. Per un popolo diviso sulla propria esistenza, abitato da un vecchio complesso, di fronte al successo e al denaro, ereditato dalla sua cultura cattolica, Céline Dion diventa simbolicamente quella che porta i sogni, riscatta i fallimenti, cancella le sconfitte. Nel 1967, il “Viva il Québec libero!” lanciato dal generale de Gaulle aveva rivelato al mondo l’esistenza di questa porzione d’America francofona che lottava per la sua sopravvivenza. Quarant’anni dopo, la figlia di Charlemagne, Québec, che non ha mai rinnegato le sue radici, riceve l’ovazione di un popolo infine vincitore attraverso lei.
Senza dubbio Céline Dion ha compreso che l’eccesso di acclamazione va oltre la sua persona, che la folla ipnotizzata la rende depositaria delle proprie speranze irrealizzate e che le proprie aspettative non possono essere soddisfatte semplicemente cantando. Quest’amore incondizionato nei suoi riguardi, Céline Dion nella sua lucidità lo risente non senza malessere come lei mi confiderà. Cosciente dei limiti del suo ruolo, si rifiuta di usare un potere, di cui lei percepisce intuitivamente il pericolo, rimanendo spettatrice di se stessa. Molto abile colui che potesse condurla sullo scivoloso terreno della politica, ad esempio, come fanno altre star. Nelle rare occasioni in cui la cantante si è avventurata nel dibattito sulla sovranità del Québec pronunciandosi contro la secessione, si è rivelata una trappola, che non impedisce ai politici del Québec, inclusi i sostenitori dell’indipendenza, di incensare Céline Dion e di renderle un sostenuto omaggio. Nessuno tuttavia si avventura a recuperarla a suo beneficio, la prova che ormai ha raggiunto una dimensione mitica.